Millequattrocentosettantadue: una data, un numero e un linguaggio universale che sintetizzano meglio di ogni altra espressione un cammino di oltre cinque secoli. La storia del Monte dei Paschi di Siena è scritta sopra queste quattro cifre, dalle quali discendono valori, tradizioni e un modo di intendere in maniera peculiare la propria attività.Tornare all'inizio di tutto, per scorrere di nuovo il filo del tempo, guardando avanti invece che indietro, vuol dire anche riflettere serenamente sui secoli e sugli anni più recenti, per capire, fare tesoro dei successi e degli errori. Questa è una storia di continuo cambiamento, di crescita e adattamento, di radici locali e visione sul mondo senza uguali.
Le trasformazioni incidono sempre nella nostra esperienza e provocano sensibili mutamenti nella percezione dei fenomeni ai quali assistiamo.Allora la ricerca storica diventa più necessaria e cresce la curiosità verso un passato che non deve spiegare meccanicamente il presente, essere usato come propaganda o in funzione pedagogica. Solo, però, riconsiderando gli anni che ci stanno alle spalle possiamo renderci conto dei problemi che ricorrono, dei risultati acquisiti, delle questioni aperte in una città, in una società, in una nazione.
Banca Monte dei Paschi di Siena, che è un'azienda moderna, protagonista nel mercato finanziario, non si trova per la prima volta ad affrontare una fase che chiede coraggio e creatività. Senza andare troppo indietro nei secoli, basta ricordare quando, nel 1995, l'Istituto di diritto pubblico si trasformò in Società per Azioni. Anche allora fu chiaro che per il Monte iniziava una nuova età, dentro uno scenario di settore e politico segnato da rotture e cambiamenti di non poco peso. Parlare di sistema può essere limitante perché le forze che interagiscono su scala mondiale ed europea mettono in gioco equilibri consolidati e l'identità stessa di organismi formatisi in lunghi e complicati processi, all'interno di quadri locali e nazionali. In Italia questo vale più che altrove, considerando il ritardo nell'unificazione politica e la pluralità di centri e tradizioni tipica di un Paese dove le città hanno alimentato differenze positive e disegnato un panorama ricco di tratti particolari.
La decisione di scrivere una storia che, facendo tesoro dei contributi disponibili, andasse oltre e ricostruisse le vicende della Banca fino alla svolta del 1995, risponde a un'esigenza molto sentita e non ha niente a che vedere con una comprensibile nostalgia o con l'esaltazione di una identità fissa e intoccabile. Questo primo volume, I secoli del Monte, di Giuliano Catoni, narra i fatti che vanno dalla nascita del Monte Pio, nel 1472, alla grande crisi del 1929. Non è una storia ufficiale ma una rivisitazione critica e aggiornata, condotta in piena autonomia, di vicende che servono a conoscere e comprendere le radici e il percorso di una realtà molto complessa e ramificata.
Narciso Mengozzi si augurava che la massiccia storia in nove volumi, da lui terminata nel 1925, fosse utile anche come ammonimento per il futuro: "giova sperare - si legge in una sua pagina introduttiva - che essa non riesca inutile, mercé l'insegnamento che può ricavarsi dalla nozione dei mali passati, a suggerire qualche difesa preventiva di quelli futuri". Le illusioni di trarre indicazioni sul futuro dall'interpretazione del passato sono cadute da un pezzo. Ma in questo caso si può tentare almeno di capire, senza retoriche idealizzazioni, il lungo percorso di una coraggiosa "storia italiana". Per chi deve misurarsi oggi con ostacoli, incognite e potenzialità di un presente non facile da tradurre in schemi, l'esercizio non è inutile.
È una "storia italiana" della quale andare fieri quella del Monte senese: dall'iniziale "istituzionalizzazione della carità", voluta dal Comune, all'esercizio del credito in funzione dello sviluppo dell'economia e dell'attività di sostegno sociale e culturale. A Siena è il Comune a dare attuazione a una forma di soccorso che altrove è direttamente dovuta al movimento francescano e che in seguito assume i profili di un organismo propriamente bancario. Questa origine laica non è un elemento irrilevante, ma il segnale di una moderna diversità, di una consapevolezza, già allora sufficientemente matura, dei concetti di comunità e di equilibrio sociale.
Chi oggi viene chiamato a guidare la Banca non si assume solo la responsabilità delle scelte necessarie per garantirne la solidità e l'autonomia, ma anche l'incarico di prendere il testimone di una vicenda storica, imprenditoriale e civile senza confronti nel nostro Paese.
L'alterna fortuna, le crisi o le riprese, spesso sorprendenti, del Monte sono la misura dello spirito degli uomini e delle donne che lo hanno fatto grande, ma anche di ciò che ha animato Siena nel corso del tempo. Questo sarà evidente anche nel prossimo volume di Pier Francesco Asso e Sebastiano Nerozzi che coprirà i decenni dal 1929 al 1995: Il Monte nel Novecento. D'altra parte è impossibile raccontare il Monte senza imbattersi di continuo in storie parallele, in personalità o iniziative che hanno avuto nella Banca il centro propulsivo o il riferimento rassicurante. È per questo motivo che sono state inserite nei due volumi alcune schede tematiche - a cura di Roberto Barzanti - che esemplificano situazioni che con il Monte non sembrano avere rapporto immediato ma che pure a esso sono comunque legate.
Non è stato estraneo a questo progetto editoriale l'intento di inserire, nell'agenda delle celebrazioni del 150° anniversario della proclamazione dell'Unità d'Italia, un capitolo che ha un significato che va ben oltre le mura cittadine di Siena. Già nell'elaborazione da parte del ceto dirigente della comunità senese del nuovo Statuto della Banca, dopo il cruciale 1861, si vede il tentativo di combinare ruolo nazionale e salvaguardia delle radici tradizionali. In questa parte della lunga storia sono tematizzate questioni ed emergono interrogativi che attraverseranno in termini via via diversi i dibattiti sul Monte, fino alla riproposizione attuale.
Nell'acceso confronto che si svolse in consiglio comunale all'indomani dell'Unità nazionale, nel 1862, il conte Alessandro Foschini criticò francamente quanti volevano si proclamasse, all'inizio del testo da approvare, che il Monte era proprietà della comunità senese: "Temo che la parola proprietà - osservò con prudenza non solo tattica - potrebbe allarmare i creditori del Monte.Ritengo perciò che gioverebbe di evitarla".Aggiunse che era preferibile far ricorso al concetto di "appartenenza".
È una nozione più psicologica e culturale che strettamente giuridica e la parola descrive bene un sentire condiviso che non è scomparso nel cambiamento vorticoso degli scenari. Il Monte dei Paschi può guardare al futuro con l'orgogliosa consapevolezza di un passato straordinario.
Alessandro Profumo
Presidente
Banca Monte dei Paschi di Siena
Fabrizio Viola
Amministratore Delegato
Banca Monte dei Paschi di Siena