FILODIRETTO7 - n. 21 del 15/12/2006
Siete in: Home » Strategie Banche

Interviste...

STRATEGIE BANCHE
Intervista a Ivan Niglio


"[…] Le banche sono come delle navi da crociera che, nel tentativo di minimizzare i costi, corrono il rischio di esaurire il carburante e arrestarsi così in mezzo al mare, con effetti negativi sulla capacità di crescere […]"

Qual è ruolo dell'innovazione nel contesto delle priorità strategiche delle banche?
Oggi l'innovazione è uno strumento fondamentale per la crescita. L'industria bancaria si trova in una situazione completamente nuova, in cui deve sostenere importanti ritmi di sviluppo imposti dai piani industriali e dalle pressioni della concorrenza ai quali non può far fronte contando esclusivamente sui ricavi legati alla ripresa economica e sui programmi di riduzione dei costi.

Quali sono i motivi di questa discontinuità rispetto al passato?
Negli anni Novanta, le banche sono cresciute sfruttando il boom del risparmio gestito e delle polizze vita, cui poi è seguito quello del credito al consumo: in pratica grazie a nuovi mercati in cui c'era tanta linfa da drenare, e dove è bastato uno sforzo relativo per ottenere significativi risultati di crescita.
Rispetto a quegli anni, per esempio, è sufficiente considerare che oggi per ottenere lo stesso livello di redditività, le banche devono vendere volumi di mutui 4 volte maggiori.

Successivamente si è imposto il leitmotiv della razionalizzazione e della riduzione dei costi…
A ridosso del Duemila, in un contesto critico che non lasciava spazio all'espansione delle masse, il tema della razionalizzazione dei costi è diventato l'imperativo categorico del settore: contrazione delle spese in pubblicità, piani di prepensionamento per i dipendenti, controlli più stringenti delle spese It.

Quali sono stati i principali risultati ottenuti?
Il cost-income dei principali gruppi bancari europei è migliorato di circa tre punti e mezzo nella prima metà del decennio. Ma adesso non esistono più grandi spazi di manovra per ulteriori riduzioni. In più si stanno affacciando all'orizzonte segnali molto preoccupanti.

A cosa si riferisce in particolare?
Le strategie di sola riduzione di costi non funzionano. Le evidenze a livello internazionale dimostrano che il cost-income non è un predittore efficace della redditività delle banche, né tanto meno uno strumento di pianificazione o di previsione. Rappresenta piuttosto un indicatore expost da calcolare in fase di politica di bilancio. Infatti, le banche internazionali più redditizie, indipendentemente dal loro settore di appartenenza, registrano i più svariati livelli di costincome. Non è da trascurare, poi, che il cost-income si è rivelato poco adatto come obiettivo di budget per le filiali che sono tradizionalmente improntate a perseguire target commerciali di flussi e di ricavi. Inoltre, la tendenza esasperata alla riduzione dei costi sta provocando effetti depressivi sulla capacità di crescita: proprio negli ultimi mesi è stato dimostrato che questa strategia può avere un effetto diretto sulla bottom-line delle banche perché riduce le opportunità di crescita nel cross-selling, nella capacità di acquisizione di nuova clientela e nella customer satisfaction.

Quindi risparmiando si riducono le opportunità di crescita... ma qual è lo stato di salute del rapporto tra banche e clienti?
Su questo fronte il grande sconfitto di questi ultimi anni è stato il servizio alla clientela. Le nuove piattaforme commerciali basate sulla specializzazione per segmenti di clientela (mass, affluent, pmi, ecc.) e sulla massimizzazione della redditività per cliente, contrariamente al fine per il quale sono state costruite, stanno deteriorando il rapporto con la clientela. Le banche hanno sperimentato un generale peggioramento degli indici di fedeltà dei clienti e un parallelo accrescimento della loro propensione a rivolgersi ad altri intermediari finanziari. Limitatamente al nostro Paese, per esempio, negli ultimi anni si è registrata una diminuzione del 27 per cento degli indici di soddisfazione dei clienti, il tasso di abbandono è raddoppiato dal 4 all'8 per cento ed è aumentata fino al 37 per cento la propensione dei clienti a cambiare banca. Infine, il 40 per cento dei clienti che lasciano la propria banca si rivolgono agli uffici postali.

In questo quadro l'unica strada per crescere sembra essere quella di affrontare con coraggio nuove sfide fondate sull'innovazione…
È indispensabile agire in modo innovativo sui fattori che sono determinanti per realizzare quel vantaggio competitivo che è alla base della differenziazione e della crescita.

Qual è l'importanza del fattore umano?
È cruciale! Innanzi tutto perché in un momento storico che vede prevalere la dimensione della qualità del servizio alla clientela, la crescita deve necessariamente contare su una maggiore attenzione nella gestione delle risorse umane. Vede, per decenni, le banche si sono focalizzate principalmente sulla gestione degli asset finanziari (AUM, capitale, immobili, ecc.). Credo che nei prossimi anni, invece, si avrà una maggiore enfasi sulle risorse umane e sulle tecniche di sviluppo delle performance del fattore umano che, tendenzialmente, dovranno arrivare a eguagliare la rilevanza strategica e la sofisticazione che oggi è propria degli asset di altra natura.

Si tratta di un cambiamento epocale…
In un certo senso sì, se lo riferiamo all'intera industria bancaria. A mio modo di vedere, però, non lo è per le singole aziende che hanno un'opportunità storica: possono innescare il cambiamento valorizzando le professionalità che sono presenti al proprio interno e che possiedono competenze trasversali. Manager che hanno una visione olistica dei problemi perché sono stati esposti a fenomeni senza precedenti come Internet, la segmentazione della clientela in cluster, e che, se utilizzati in ruoli senior, possono raggiungere nuove frontiere di efficienza e di efficacia.

E sul fronte critico della customer care?
Un altro fattore abilitante per lo sviluppo delle banche è la revisione totale del rapporto con la clientela: occorre valorizzare il capitale relazionale. Le strategie commerciali realizzate negli ultimi anni sono state prevalentemente di tipo "push", fondate cioè sull'enfatizzazione dell'attività di vendita per segmenti di clientela, ma non hanno portato risultati tangibili. Anzi, come abbiamo visto, stanno contribuendo a deteriorare il rapporto tra banca e cliente. La diminuzione della retention, l'aumento della attrition, la diminuzione del cross-selling, sono fenomeni avvenuti a livello globale. Tutto ciò significa che perseguire la massimizzazione del profitto per segmenti di clienti senza conciliarla con un miglioramento sia del servizio erogato sia della soddisfazione del cliente è una strategia dalle gambe corte.

In questo senso, quali sono le opportunità da non perdere per il sistema bancario?
Si sta perdendo il ruolo della banca come guida finanziaria. Dal punto di vista delle singole aziende del settore, questo rappresenta una enorme potenzialità: bisogna assumere la responsabilità di indicare al cliente le soluzioni che meglio rispondono alle sue esigenze finanziarie "pro-tempore", muovendosi con anticipo rispetto agli eventi che interessano la sua vita (acquisto casa, vendita dell'azienda, ecc.), per catturare una quota più ampia di ricavi e generare maggior soddisfazione rispetto a situazioni oggettivamente complesse. Purtroppo spesso le competenze per svolgere questo ruolo di guida sono molto frazionate e compartimentate all'interno delle banche.

C'è un modo per compensare la perdita di clientela e qual è l'importanza della comunicazione tra clienti rispetto ai tradizionali canali di acquisizione clientela?
Lo sviluppo in estensione è fondamentale per sostenere la crescita, e il canale di acquisizione di nuovi clienti tramite i già clienti è molto efficace ma è anche quello più trascurato dalle banche. Uno dei motivi per cui questa leva non viene sufficientemente utilizzata nell'industria bancaria è che non si prova a inglobare nel prezzo praticato al cliente degli elementi che hanno un impatto significativo sul conto economico. Si tratta di portare in questo settore una logica già sperimentata in altri comparti industriali che consente di praticare un prezzo più basso per chi presenta nuovi clienti. È una leva di grande impatto soprattutto se rivolta al sistema delle imprese che sono inserite in un network relazionale ampio. Si può originare una moltiplicazione del volume di affari semplicemente avvalendosi dell'applicazione di accordi "win-win" per il cliente e per la banca. La maggior parte delle banche però, ad oggi, non sono in grado di incorporare nel prezzo il maggior valore che l'impresa-cliente può portare in termini di nuova clientela.

Come costruire processi virtuosi di innovazione in un contesto organizzativo storicamente strutturato in funzioni burocratizzate?
In banca realizzare innovazione ha delle difficoltà endemiche. L'innovazione infatti viene spesso interpretata riduttivamente, come la sola generazione di un'idea. E dato che nel sistema bancario copiare le idee degli altri sembra molto semplice, allora si finisce per considerare l'innovazione come un fattore che non porta alcun vantaggio tangibile. Bisogna rinnovare a fondo la governance dell'innovazione, avendo il coraggio di sperimentare paradigmi nuovi. L'innovazione va intesa non come la generazione di un'idea ma come una serie sistematica di azioni atte a trasformare un'idea in crescita, in vantaggio competitivo durevole.

In queste difficoltà che ruolo gioca l'It?
Il bilancio dell'Information Technology come driver di innovazione è da considerarsi negativo. La spesa in It ha raggiunto livelli molto elevati: costituisce mediamente il 16 per cento dei costi operativi e il 10 per cento dei ricavi delle banche europee. Ciò significa 40 euro spesi in It per ogni cliente e 17 mila euro per ogni dipendente ogni anno. Sono cifre enormi! Dopo il personale, l'Information Technology rappresenta oramai la seconda voce di spesa più importante. Tutto questo però non ha portato a vantaggi rilevanti, né in termini di riduzione dei costi, né nell'aumento dei ricavi. Paradossalmente, su entrambi i fronti, le banche che investono maggiormente in It conseguono risultati inferiori alle banche che spendono di meno. Questo dato è preoccupante ed è da ricondurre al fatto che ancora oggi l'Information Technology nell'industria bancaria è una scatola nera. I risultati, quando e se conseguiti, arrivano in ritardo rispetto agli obiettivi prefissati. L'Information Technology, per sé, non apporta automaticamente un vantaggio competitivo ma va intesa come una piattaforma abilitante per acquisirlo se le strutture bancarie sanno opportunamente sfruttarla. È tipicamente un problema di governance che non può essere risolto semplicemente con i comitati e i master plan. Occorrono nuove tipologie organizzative in cui le funzioni cruciali per il successo delle iniziative, ma che parlano lingue diverse, come il commerciale e le funzioni It, possano interagire in modo migliore, magari facendo riferimento al medesimo centro di responsabilità.

Ivan Niglio, collega e dirigente Area Retail della Banca, co-autore della stesura del libro "Manuale dell'innovazione", edito da Il Sole 24 Ore (novembre 2006).


» Intervista in formato pdf