FILODIRETTO7 - n. 30 del 16/2/2007
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FRANCO, L'EMOZIONE RIVELATA ATTRAVERSO LA PITTURA
Un collega racconta con le sue tele una vita di sogni, speranze, gioie e talvolta amarezze

Franco Rossi, nato a Firenze il 24 Luglio 1947, entra in Banca Toscana nel 1971 ed è oggi in attività presso il Cosorzio Gruppo MPS.. Dai colleghi è conosciutissimo col nome di "Rossi Sala Macchine" perché così rispondeva al telefono a chi chiamava per un guasto di terminale o di linea negli anni '70 - '80.
Ma già da prima del 1971, da molto prima (1963), aveva iniziato la sua attività pittorica.
Le sue opere sono ormai da anni in tutto il mondo, sia in collezioni private che presso Enti pubblici: basti dire che in Giappone, a Tokyo, Università ed Ospedali espongono le sue tele (vedi sito www.franco-rossi.it) che documentano una vita di sogni, speranze, gioie, talvolta amarezze.
"Una vita sfogata", perché la pittura del collega Franco Rossi tutto è tranne che commerciale: si tratta di un'arte introspettiva, emozionante, che colpisce nel fondo, che arricchisce perché fa pensare, meditare, "volare", come qualcuno l'ha più volte definita.

Mostra nella Rocca di Castellina in Chianti

Com'è cominciata la tua avventura nel mondo della pittura?
Non saprei risponderle con esattezza, però potrei dirle quando: intorno ai tre o quattro anni. I miei genitori mi leggevano il Corrierino dei Piccoli ed io copiavo con le matite le figure. Poi, alle elementari, stupivo la maestra e alla fine delle medie consigliarono ai miei di mandarmi all'artistico. Loro, e di questo li ringrazio, temendo che sarei diventato un disoccupato, optarono per il liceo classico.

Niente scuola artistica, quindi, sei un autodidatta. C'è qualcuno in famiglia da cui hai ereditato questa particolare dote?
No, nessuno! Anche i miei nonni si sono sempre chiesti da chi potevo aver preso, ma nella mia famiglia non c'è nessuno che sappia tenere il lapis in mano.

Che cos'è per te dipingere?
Una droga. Se non butto fuori quello che ho dentro dipingendo entro in crisi, divento nervoso, scontroso. Appena comincio a dipingere ecco che arriva l'effetto terapeutico, anche se è anche un tormento avere in mente l'idea, sentirla nel profondo in tutti i suoi dettagli e tradurla esattamente sulla tela. Tormento, si, è la parola giusta. Ma a un certo punto, mentre dipingi, senti che dentro qualcosa comincia a placarsi, l'idea prende forma, ti convince, capisci che ce la fai, che "firmerai" la tela. E quando sei alla firma stai bene. Sei guarito. Guardi alla giusta distanza ciò che hai fatto e ti senti sollevato, vittorioso, come se, invece della tua opera, guardassi i calcoli che ti hanno appena tolto e che ti facevan così male.

E dopo?
Tempo due o tre giorni si ricomincia. La pentola ricomincia a bollire. Per un motivo o per un altro, non importa: gioia, dolore, sogni, amarezze, chi non ne ha? E' un mondo che ti gonfia dentro e che le parole non sono capaci di descrivere. Nella mente cominciano ad affiorare immagini su immagini, cerchi tra queste la metafora più adatta a raffigurare quello che hai dentro. Appena la "senti", cominci a metterla a fuoco, a carpirne ogni sfumatura e poi giù, tutto sulla tela!

Ci sono circa 700 tue tele in giro per il mondo: c'è un'opera in particolare a cui sei più affezionato?
Direi che ognuna è legata ad un momento particolare della mia vita. E come per tutti, anche per me ci sono stati momenti belli e meno belli. Ogni tela che ho dipinto è un pezzo d'anima dal quale è stato doloroso staccarsi. E' come se fossero tutte mie figlie, non posso avere preferenze. Ovviamente le ultime rappresentano la vita che sto vivendo oggi, le sento vicine a me più delle precedenti, ma solo per una questione contingente.

Hai un suggerimento particolare per chi volesse seguire il tuo esempio?
Non fare mai niente che non "senti". Se questo ti viene spontaneo, già sei un artista. Perché artisti si nasce, non si diventa. Chi è artista lo è dentro ancor prima di esternarlo fuori con le sue opere. E lavorare, lavorare, lavorare ogni giorno, altrimenti l'artista resta dentro. E dipingere per se stessi: se lo fai con lo scopo di piacere agli altri, di vendere la tela, puoi essere un bravissimo artigiano, ma non troverai mai l'artista che c'è in te, perché proprio non esiste.