Francesco di Valdambrino

(Siena, documentato dal 1401 al 1435)

Gesù Bambino benedicente

Legno intagliato e dipinto, h. 41 cm Siena, Pinacoteca Nazionale, n. 36 IBS

Lo stato di conservazione della scultura, intagliata in un unico tronco di legno di noce, può dirsi eccellente. Sul volto e sul collo, come in corrispondenza delle estremità degli arti, è presente l’originale policromia. Lo strato di preparazione che ricopre il resto della figura conferma che in origine l’opera era rivestita di abiti (A. Bagnoli, in Scultura dipinta 1987), secondo una pratica diffusa per questo tipo di manufatti. Analogamente agli esemplari di Grosseto e della Collezione della Banca Monte dei Paschi di Siena, anche il Gesù Bambino della Pinacoteca Nazionale si presenta nudo e ritto in piedi, benché poggiante su di un basamento chiaramente moderno. La mano destra, come da consuetudine, è raffigurata nell’atto di benedire, e le dita della sinistra, ad eccezione dell’indice, sono chiuse come se dovessero tenere un attributo. L’opera fu presentata per la prima volta, nel 1987, alla mostra senese dedicata alla Scultura dipinta. A quel tempo la scultura si trovava in collezione privata (A. Bagnoli, in Scultura dipinta 1987), ma appena qualche anno dopo (1989) lo Stato Italiano l’avrebbe acquistata per la Pinacoteca Nazionale di Siena. Collegando il Gesù Bambino al nome di Francesco di Valdambrino, Alessandro Bagnoli lo presentò come un “fratello carnale di quelli, un po’ più adulti, tenuti dalle Madonne di Palaia (1403), di Volterra e Radicofani”, già, tuttavia, nel grado di credibile verità, al livello dei Santi Patroni di Siena intagliati dallo scultore nel 1409 (per i quali P. Bacci 1936, pp. 152-157; 161-170; 171- 212, tavv. 14-17, 19-26; A. Bagnoli, in Scultura dipinta, pp. 140-141, e, da ultimo, G. Fattorini, in Da Jacopo della Quercia 2010, pp. 58-61, cat. A.14). Ponendosi inoltre il problema del rapporto tra le due figure di Gesù Bambino dello scultore, Bagnoli considerò l’esemplare in esame precedente a quello della collezione della Banca Monte dei Paschi (cat. 4), per il quale proponeva con cautela una datazione al secondo decennio del secolo. Successivamente, mentre Gert Kreytenberg (1997; 2004), accettandone l’attribuzione, fece riferimento ad una cronologia precoce, inserendolo in un nucleo di opere avvicinabili alla Madonna col Bambino di Palaia, che reca la data 1403, senza però escludere la possibilità di riconoscerlo nel Bambino documentato di Francesco del 1409 (per il quale si veda: Lusini 1911, p. 346 nota 223; Bacci 1936, pp. 121-123, 131-132; A. Bagnoli, in Scultura dipinta, p. 138), una parte della critica preferì collocare la scultura proprio intorno a quest’ultima data (Fattorini 1996; Eredi Carlo de Carlo 2001, lotto 16). Una lettura diversa, sia sul fronte della cronologia sia su quello del rapporto con la scultura della Banca Monte dei Paschi di Siena, è stata offerta in occasione della recente mostra Da Jacopo della Quercia a Donatello. Le arti a Siena nel primo Rinascimento. Gabriele Fattorini (in Da Jacopo della Quercia 2010), intravedendo nell’esemplare della Pinacoteca Nazionale alcune analogie con opere di Jacopo della Quercia come il Bambino della Madonna del Museo Taglieschi di Anghiari (A.M. Maetzke, in Scultura Dipinta 1987, pp. 158-160, cat. 41 a/b; Giannotti 2008, pp. 235-239), ha infatti ipotizzato per la nostra scultura “una datazione inoltrata nel secondo decennio”, posteriore dunque al Gesù della collezione della Banca. Alla stregua di quest’ultimo, anche nel nostro esemplare risalta, con evidenza, il forte naturalismo che rende la piccola figura tangibile ed estremamente gradevole, come si vede bene nel particolare delle guance arrossate o nella delicata costruzione del corpo, tuttavia, appare più probabile una sua realizzazione ancora nel primo decennio, in anticipo rispetto al “fratello” del Monte dei Paschi. Bibliografia: A. Bagnoli, in Scultura Dipinta 1987, pp. 138-139; A. Bagnoli, in Catherine 1992, pp. 263-264; G. Fattorini 1996, pp. 120, 139 nota 47; G. Kreytenberg 1997, p. 728; Eredi Carlo de Carlo 2001, lotto 16; G. Kreytenberg 2004, p. 356; G. Tigler, in Spunti per conversare 2007, p. 24; G. Kreytenberg, in La collezione Salini 2009, II, pp. 169, 170, fig. 1; G. Fattorini, in Da Jacopo della Quercia 2010, pp. 390-391, cat. E.15; G. Fattorini, in Scultura lignea dal Medioevo al Rinascimento 2010, p. 26.