FILODIRETTO7 - n. 1 del 28/7/2006
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LO SVILUPPO DELLA FINANZA ISLAMICA E L’ISLAMIC BANKING (seconda parte)

MODELLO DI ISLAMIC BANKING E DI BANCA “CONVENZIONALE” A CONFRONTO: CARATTERIZZAZIONE DEI RISCHI ED INDICATORI PERFORMANCE

CARATTERIZZAZIONE DEI RISCHI: TEORIA E PRATICA
Le principali caratteristiche operative dei due modelli possono essere sintetizzati nella seguente tabella:

I due modelli a confronto
  Islamic banking Commercial Banking
Garanzia del valore nominale dei Depositi a vista Si Si
Investment Deposits

Rendimento dei depositi
No

Incerto e non garantito per gli investment deposits; nullo per quello a vista
Si

Certo e garantito
Meccanismo di determinazione dei rendimenti sui depositi Dipendente dalla performance reddituale della banca, dai profi tti dei suoi investimenti e dalle perdite subite. Indipendente dalla performance reddituale della banca e dei suoi investimenti (eccetto in caso d’insolvenza)
Applicazione del principio di PLS Si Non applicabile
Uso discrezionale di garanzie (collaterali) da parte della banca Generalmente non permesso nelle transazioni PLS eccetto in casi eccezionali al fi ne di ridurre fenomeni di moral hazard
Permesso sempre nelle transazioni non-PLS
Si (sempre)

Dal lato dell’attivo il modello di islamic banking presuppone l’esposizione a rischi/problematiche di business che se da una parte (operazioni non-PLS e/o basate sul concetto di mark up) possono essere pressoché assimilabili a quelli del modello di “banca convenzionale” (specialmente quello di banca commerciale/universale), anche per l’utilizzo implicito di collaterali, dall’altra (operatività PLS) presenta peculiarità che tendono ad avvicinare la banca islamica più ad un equità investor che ad un debt holder. Ciò comporta implicazioni differenti sui sistemi di risk management, governance e controlli interni.
Specificatamente le operazioni PLS (che in teoria dovrebbero rappresentare la metodologia principale dell’ islamic banking) presentano potenziali “effetti collaterali negativi” derivanti da una maggiore incidenza di rischi operativi e di impresa, rispetto al modello convenzionale, per i seguenti motivi:

  1. l’amministrazione dei contratti risulta spesso piuttosto complessa e meno standardizzata. Essa implica da una parte la determinazione di adeguati PLS ratios (tassi di suddivisione dei profitti tra azionisti e depositanti; cfr. nota 12) e dall’altra un’azione di valutazione, controlli interni e monitoraggio dell’attività finanziata più incisiva di quella che caratterizza i finanziamenti commerciali standard delle “banche convenzionali”;
  2. il fatto che non sia permesso un uso sistematico di collaterali e di altre garanzie pone la problematica di avere un sistema legale efficace che garantisca alla istituzione bancaria islamica certezza sulla possibilità di dare esecuzione ai contratti finanziari, attenuando potenziali rischi di moral hazard.

Tuttavia nella pratica la metodologia di finanziamento mediante transazioni basate sul concetto PLS è risultata finora una parte piuttosto contenuta delle attività delle banche islamiche (non oltre il 25% del totale attività di sistema; fonte: FMI 2002). Inoltre il contratto Mudaraba (quello che maggiormente si discosta dal metodo operativo “convenzionale”) risulta utilizzato quasi esclusivamente per transazioni commerciali di breve termine mentre per le transazioni a più lungo termine (tra cui operazioni di project fi nancing) ci si affida generalmente al Musharaka le cui caratteristiche sono sostanzialmente simili all’attività tipica del modello di merchant banking “convenzionale”.
La maggior parte dell’attivo fruttifero delle banche islamiche rimane, allo stato attuale, impiegato in transazioni non-PLS, quali il Murabaha (cost plus mark-up) e il Ijara (lease financing) che, come evidenziato precedentemente, presentano caratteristiche di rischiosità più vicine a quelle delle banche commerciali.
La metodologia contrattuale del Murabaha è molto applicata (in particolare nei paesi del Medio-Oriente e del Golfo) al segmento del credito al consumo che si caratterizza per margini elevati e rischi relativamente contenuti.
Inoltre le transazioni non-PLS sono generalmente supportate da attività reali e presentano un grado di copertura che, in media, risulta anche superiore a quello che si registra presso le banche commerciali. Critico rimane, tuttavia, il contesto legale/giurisprudenziale che, nei mercati dove è maggiormente presente il fenomeno dell’ islamic banking, non sempre favorisce un efficace processo di escutibilità delle garanzie.
Dal lato del passivo importanti peculiarità emergono, in particolare, per la componente costituita dai cosi denominati”investment deposits” (depositi di investimento). Questi ultimi rappresentano una sorta di ibrido tra strumenti di debito e di capitale e presentano le seguenti caratteristiche: sono redimibili a scadenza, sono gestiti/investiti sostanzialmente a discrezione della banca, non prevedono diritto di voto, presentano un rendimento variabile (commisurato alla redditività della banca), non garantiscono la restituzione del capitale. I depositi di investimento (nello specifico quelli che si basano su contratti “unrestricted”) rappresentano una tipologia di compartecipazione al rischio dove forte risulta l’aspetto fiduciario.

Il fatto che la banca assuma allo stesso tempo il ruolo di gestore di fondi del depositante e di gestore dei propri rischi di business (con possibilità di trasferimento ai depositanti di una parte di essi) potrebbe creare, anche in questo caso, potenziali meccanismi di moralhazard, (ossia incentivi da parte della banca di assumersi rischi senza adeguati mezzi di capitale). Da qui l’esigenza di avere meccanismi di governance e di trasparenza anche più efficaci di quelli convenzionali per evitare di deteriorare indirettamente il proprio “rischio reputazionale” e di conseguenza la gestione della liquidità, tenuto conto anche delle carenze sistemiche di regolamentazione e di mercato evidenziate nel paragrafo 1.7. Nella realtà tali aspetti vengono così attenuati:

  1. Benché in teoria la scadenza di tali depositi sia a medio- lungo termine (fi no a 5 anni), nella pratica (in particolare se si analizza il mercato dei paesi del Golfo) presenta caratteristiche generalmente a breve termine.
  2. Le banche islamiche tendono a fare in modo che il rendimento dei depositi di investimento (cfr. nota 12) risulti pressoché in linea con i tassi di mercato applicati dalle banche “convenzionali” (operanti nello stesso mercato) su strumenti di raccolta (depositi remunerati e raccolta gestita) aventi simili caratteristiche di rischiosità/scadenza.
  3. La probabilità da parte dei depositanti di incorrere in perdite in conto capitale è attenuata dal fatto che la maggior parte delle banche islamiche (sotto impulso anche di diverse autorità di vigilanza nazionali) hanno costituito nel tempo due differenti tipi di riserve volontarie contabilizzate dal lato del passivo: “Investment Risk Reserve” (per assorbire potenziali perdite) e “Profi t Equalization Reserve” (per livellare i rendimenti durante il ciclo).

Dal lato della gestione della liquidità le criticità sopra menzionate risultano attenuate dal fatto che gli operatori sono stati indotti dalle autorità di vigilanza dei paesi di residenza a detenere (a scopo prudenziale) una più ampia parte delle proprie attività in conti correnti infruttiferi (o quasi) presso la banca centrale e/o banche corrispondenti controbilanciando, tuttavia, potenziali vantaggi in termini di profittabilità. Inoltre motivi etici farebbero ritenere, in linea di una maggiore stabilità/lealtà della clientela depositante, sebbene esista un potenziale “rischio reputazionale” aggiuntivo qualora lo Shariah Board dovesse dichiarare “non islamiche” le transazioni della banca.
Evidenze empiriche indicano come, nella realtà, le difficoltà affrontate in passato da banche islamiche (vedi caso della Dubai Islamic Bank nel 1998 e della Kuwait Finance House nel 1982) siano state dovute a ragioni che nella sostanza non differivano da quelle che normalmente hanno causato criticità presso le banche convenzionali. Nel caso della Dubai Islamic Bank la scoperta di una frode interna di ca. Usd 50 milioni causò un fenomeno di “corsa agli sportelli” che vide in un solo giorno un prelievo di Usd 138 milioni in depositi da clientela.
In sintesi il modello islamico si distingue da quello “convenzionale” (specificatamente dal modello di banca commerciale), in termini di caratterizzazione dei rischi di business, per i seguenti fattori:

  • maggiore incidenza dei rischi operativi/legali;
  • diversa caratterizzazione dei “rischi reputazionali”;
  • maggiore incidenza dei rischi di impresa rispetto a quelli classici di credito;
  • all’interno dei rischi di mercato il rischio di interesse diventa irrilevante (quantomeno direttamente) mentre assume maggiore peso quello legato al prezzo delle materie prime o di attività immobiliari per il fatto che le banche islamiche tendono ad avere nel proprio attivo un ammontare relativamente superiore di attività reali.

CASE STUDY EMPIRICO: il mercato del Medio-Oriente e del Golfo
Da un’analisi comparata sui principali indicatori di performance dei due modelli di business (ns elaborazione su dati Banscope relativi a 2 campioni composti ciascuno da 12 primarie banche operanti nell’area dei paesi del Medio-Oriente e del Golfo) si evincono i seguenti risultati:
Crescita del business: ”.. tassi di crescita superiori per il campione islamico sia in termini di attività fruttifere che di depositi mentre il tasso di crescita degli utili risulta in media pressoché simile, anche se con caratteristiche di volatilità dissimili…”
Dal punto di vista della composizione del totale impieghi/fonti di bilancio si evincono le seguenti differenze:
• maggiore incidenza per il campione islamico del portafoglio prestiti (57% contro 53% a fine 2003) e del portafoglio titoli immobilizzati (13% contro 7%);
• Maggiore incidenza della raccolta tramite depositi (83% contro 77% a fi ne 2003);
Tuttavia il basso livello di trasparenza nonché metodologie contabili non sempre coerenti non permettono, in particolare per il campione islamico, una classificazione più dettagliata dei suddetti aggregati per classi di impieghi e di depositi. Mentre per ciò che concerne i principali indicatori di performance e di rischio di business sia ha:
Patrimonializzazione: ”..non si evincono sostanziali differenze tra i due campioni..”
Qualità dell’attivo:”…non risulta al momento agevole confrontare la qualità dell’attivo di banche islamiche e commerciali a causa del limitato e/o differente livello di disclosure che caratterizza le prime...”
Liquidità: “..rappresenta al momento l’aspetto di maggiore criticità potenziale delle banche islamiche..”
Redditività: “…le banche islamiche rimangono ben competitive in termini di profittabilità…”

CONTESTO COMPETITIVO: ALCUNE CONSIDERAZIONI
Come si è visto l’utilizzo di tecniche di finanziamento PLS porterebbe la banca islamica ad operare più con caratteristiche di banca di sviluppo e/o merchant bank che di banca commerciale. In altre parole essa si presenterebbe potenzialmente come un’istituzione finanziaria adatta ad operare o nel segmento di project fi nancing (attraverso la metodologia Musharaka) o del micro-credito (attraverso la metodologia Mudaraba) con relative conseguenze in termini di strategie e caratterizzazione del proprio rischio di business.
Dimensioni medie relativamente contenute (a parte poche eccezioni), scarsa diversificazione geografica, nonché minori competenze rispetto alle banche commerciali (in particolare quelle a capitale occidentale) creano svantaggi competitivi per ciò che riguarda il segmento di project financing mentre per quel che riguarda il micro-credito sembrano prevalere considerazioni di opportunità e di spessore del mercato.
La realtà ed i recenti sviluppi sembrerebbero, difatti, confermare che il sistema di finanza islamica stia tendendo ad indirizzarsi verso segmenti di operatività tipici del modello di banca “convenzionale”, adattando (in maniera più o meno rigida) i propri prodotti a tali esigenze. La conseguenza è un tendenziale livellamento delle differenze tra i due modelli, sia pur con caratterizzazioni specifiche dei rischi.
L’attuale stadio evolutivo dell’ islamic banking pone per quest’ultima importanti sfide competitive che passano, tra l’altro, per un necessario processo di consolidamento che stimoli lo sviluppo di economie di scala, anche per la costituzione di adeguate strutture di Information Technology.
Tuttavia le attività di Mergers &Acquisitions sono risultate sinora piuttosto difficoltose da implementarsi a causa anche delle strutture proprietarie e di governance che caratterizzano tali istituzioni.
Lo sviluppo che si sta registrando nell’emissione di titoli liquidi trasferibili e nel mercato interbancario, se da un lato attenua lo svantaggio competitivo in termini di liquidità con il sistema “convenzionale”, d’altro rafforza le considerazioni sulla gestione dei rischi operativi a causa dell’ancora non adeguata standardizzazione dei prodotti.
Infine la riduzione del divario in termini di regolamentazione e di livello di trasparenza rappresenta una delle sfide strategiche più importanti del sistema islamico al fine di conseguire una adeguata credibilità sui mercati finanziari globali.
Oltre che nei paesi a religione musulmana, potenzialità di sviluppo emergono anche in quei paesi occidentali dove la presenza della comunità islamica risulta rilevante e/o in crescita, come dimostrano le recenti evoluzioni in particolare nel mercato del Regno Unito.