FILODIRETTO7 - n. 1 del 28/7/2006
Siete in: Home » Evoluzioni del risparmio gestito

EVOLUZIONE E TENDENZE DEL RISPARMIO GESTITO

Dopo tre anni di crisi per i listini azionari di tutto il mondo e dopo una serie di scandali finanziari senza precedenti che hanno interessato nuovo e vecchio continente, era giunto il momento di mettere ordine in un sistema cresciuto tumultuosamente sulle ali del grande bull market della fine degli anni ’90.
La copiosa regolamentazione emessa sino a quel momento, volta prevalentemente ad assicurare il buon funzionamento dei mercati finanziari e dei loro intermediari, non è stata, infatti, sufficiente a proteggere il risparmio delle famiglie, colpito non solo dalla spregiudicatezza del management di alcune grandi aziende quotate, ma anche da scelte di portafoglio incoerenti e spesso inopportune.
Tutto ciò ha contribuito ad incrinare alla radice il rapporto di fiducia tra risparmiatori privati da un lato, e istituzioni finanziarie e organi di controllo dall’altro. Per tale ragione, i legislatori, al di la ed al di qua dell’Atlantico, hanno emanato una serie di provvedimenti (Sarbanes Oxley Act negli USA, MIFID in Europa, i regolamenti Banca d’Italia e Consob e il decreto risparmio in Italia, solo per citare i principali), volti a rafforzare significativamente i presidi di difesa del risparmio privato ed a prevenire comportamenti devianti o troppo disinvolti da parte di istituzioni ed intermediari finanziari.
Allo stesso tempo, anche questi ultimi hanno iniziato a maturare la consapevolezza che solo attraverso un comportamento più attento e rispettoso dei principi etici alla base della funzione economica e sociale riconosciuta alla finanza, è possibile ripristinare quel legame di fiducia con i risparmiatori, indispensabile per una proficua e durevole crescita di tutto il sistema. In questa chiave vanno lette, ad esempio, le iniziative a livello associativo come Patti Chiari o come il Codice di Autoregolamentazione promosso da Assogestioni, l’organismo che rappresenta le società di gestione del risparmio attive sul mercato italiano.
Sempre in questo ambito si collocano i percorsi di responsabilità sociale d’impresa avviati autonomamente, anche in tempi non sospetti, da alcuni importanti istituti ed operatori finanziari italiani.
Trasparenza, gestione dei conflitti d’interesse, corporate governance, etica della finanza, adeguatezza dell’offerta finanziaria al profilo di rischio del cliente, rappresentano i cardini su cui oggi poggia il nuovo “ordine” nato dalle ceneri di Enron e della bolla tecnologica del 2000.
In questo contesto di riferimento, anche l’industria dell’asset management sta radicalmente cambiando volto. In Europa, ed in particolare in Italia, archiviati i tassi di crescita a due cifre degli anni ‘90, da qualche anno i flussi di raccolta netta stentano a tenere il passo con la crescita del PIL. L’espansione delle masse gestite è stata, infatti, in larga misura alimentata dalla crescita dei mercati azionari. La domanda degli investitori privati, sempre più focalizzata su esigenze di protezione e di rendimenti assoluti, non sembra, dunque, aver trovato risposte adeguate da parte dell’industria, come del resto testimoniano le ingenti masse di risparmi ancora “parcheggiate” in depositi e prodotti money market, a dispetto di una redditività ormai negativa, se misurata in termini reali.
La crescente competitività indotta dalla progressiva apertura del mercato domestico ai player esteri e la maggiore trasparenza richiesta dagli organi di vigilanza tendono ad aumentare la pressione verso il basso sui prezzi. Gli adeguamenti normativi e la crescente sofisticazione finanziaria, su strumenti e tecniche di gestione, richiedono, inoltre, significativi investimenti in tecnologia e capitale umano.
Tutto ciò fa presagire che la rendita di posizione rappresentata dal binomio: alta redditività-scarsa concorrenzialità, che ha caratterizzato lo sviluppo dell’industria sino ad oggi, potrebbe essere giunta al capolinea.
Per i player domestici è, dunque, arrivato il momento di riconsiderare profondamente le proprie strategie, pena il rischio di una lenta, ma inesorabile erosione delle quote di mercato e dei relativi margini di profitto.
Eppure, le potenzialità di crescita ed i livelli di redditività dell’asset management restano tra i più elevati dell’industria finanziaria. Oltre alle opportunità offerte dal segmento retail (sia in termini di incremento delle masse gestite, sia per effetto di una necessaria ricomposizione dell’asset mix), anche il business “istituzionale” presenta eccezionali chance di sviluppo, legate al definitivo decollo della previdenza complementare nel nostro paese.
Se osserviamo quello che avviene sul mercato, appare evidente che i tre player principali della nostra industria (Gruppo San Paolo-Imi, Gruppo Unicredito e Gruppo Intesa) hanno già fatto le prime mosse. Sebbene con modalità diametralmente diverse, tutti hanno scelto la strada della crescita finalizzata al raggiungimento di quelle economie di scala che consentono di raccogliere la sfida del nuovo “ordine”, mantenendo, tuttavia, i livelli di profittabilità del passato.
Il primo a muoversi è stato il Gruppo Unicredito che ha scelto la strada dell’espansione cross-border, tramite l’acquisizione di fabbriche e reti distributive nei tre continenti.
Nel 2005 ha seguito il Gruppo Intesa che, con la vendita di Nextra ai partner francesi di Credit Agricole, ha deciso di capitalizzare le evidenti sinergie sul lato produttivo con l’azionista di oltralpe.
Più recentemente il Gruppo San Paolo-Imi ha rivelato il proprio piano strategico che prevede una crescita orizzontale basata sulla concentrazione in un unico polo di wealth management di tutte le attività legate all’asset management: fondi comuni e Sicav, prodotti assicurativi e previdenza complementare.
Naturalmente, quella della crescita dimensionale, non è la sola opzione strategica perseguibile: esistono anche altre possibilità, altrettanto valide ed efficaci per vincere la sfida del futuro. Alcuni competitor hanno deciso di seguire strategie di nicchia basate sulla creazione di boutique indipendenti che puntano sulla qualità in un particolare segmento d’offerta. Altri basano i propri piani di crescita sulla capacità di coprire più segmenti di mercato con soluzioni qualitativamente elevate ed economicamente efficienti, attraverso l’integrazione delle migliori competenze interne con l’expertise dei “best in class” presenti sul mercato.
Anche all’interno del nostro Gruppo molto è cambiato negli ultimi anni.
Basti pensare, ad esempio a:

  • la scelta di concentrare – con l’incorporazione di Ducato Gestioni, G.I.Gest e Spazio Finanza in Monte Paschi Asset Management - tutte le competenze specialistiche in materia di asset management all’interno di un solo soggetto, con l’obiettivo di potenziare i team di gestione, ricercare sinergie sotto il profilo dei costi, rendere più efficienti i servizi finanziari offerti alla clientela;
  • l’ingresso nel segmento degli investimenti alternativi e dei fondi immobiliari, che ha confermato la volontà del Gruppo di essere un operatore globale nell’industria del risparmio gestito;
  • la scelta di internazionalizzare, domiciliandola in Irlanda, l’attività di gestione dei portafogli con metodologie di tipo quantitativo, diverse e complementari rispetto a quelle dei prodotti italiani;
  • il rafforzamento dei presidi organizzativi e gestionali intrapreso nel settore della valutazione delle case d’investimento terze e della gestione multimanager;
  • gli investimenti effettuati in risorse e tecnologie per lo sviluppo del “business istituzionale” e a supporto dei modelli di servizio delle reti commerciali.

Queste sono solo alcune tappe del percorso evolutivo che ha portato il Gruppo MPS ad essere uno dei principali protagonisti dell’industria del risparmio gestito italiano. Con questo modello e consapevoli delle nostre qualità, siamo oggi pronti a raccogliere le sfide che i grandi processi di trasformazione del mercato e il nuovo scenario competitivo ci metteranno davanti.
La recente riforma sul risparmio, giunta al traguardo dopo due anni di iter parlamentare, è solo l’ultimo di una serie di provvedimenti che dal 2000 in poi hanno ridisegnato la mappa del nostro sistema finanziario in generale e l’industria dell’asset management in particolare.